Paura da Coronavirus? Spunti e riflessioni, teoria e pratica, dalla psicologia sociale

In questi giorni stiamo assistendo a grosse novità dal punto di vista medico-scientifico, al tempo stesso stiamo osservando fenomeni psico-sociali tipici della nostra specie.

Alcuni Autori che si sono occupati dello studio dei gruppi e delle folle.

Gustave Le Bon, uno tra i primi psicologi a studiare il comportamento di un individuo inserito in una massa, nel suo magistrale, quanto intramontabile, saggio La psicologia delle Folle (G. Le Bon, 1895), definisce una folla, dal punto di vista psicologico, come un insieme di individui mossi da un pensiero comune, dove, al suo interno, l’individualità smette di esistere. Secondo Le Bon un individuo inserito all’interno di una folla smette di avere un proprio pensiero, ma subisce una regressione ad uno stato primitivo, portando la folla ad agire e comportarsi come spinta da bisogni più primordiali e filosofici.

Agli inizi degli anni ’50 in America un urbanista di nome William H. Whyte coniò il termine groupthink.

Tale neologismo non coincideva a detta del suo autore con il semplice conformismo, un fenomeno connaturato alla natura umana; bensì con questo termine si andava a intendere una forma razionalizzata di conformismo, per cui il modo di pensare e i valori del gruppo non solo divenivano “comodi, ma addirittura virtuosi e giusti”.

Alcuni anni più tardi uno psicologo canadese di nome Albert Bandura studiò attentamente le condotte dei gruppi di persone, analizzando soprattutto il tema dell’aggressività, e teorizzò fenomeni come il “disimpegno morale” e la “diffusione di responsabilità”.

La naturale inclinazione umana ad essere parte di un gruppo

È curioso notare come autori, come i tre sopracitati, ebbero modo di riscontrare all’interno di fenomeni pur differenti tra loro (e che furono in molti casi connessi a gravi crimini) un’analoga componente, rintracciabile in una forma di comodità del pensiero.

L’essere umano, si sa, obbedendo alle leggi della natura di cui fa parte è un meccanismo complesso che mira al raggiungimento dell’omeostasi, ovvero di un equilibrio di relativa stabilità durevole nel tempo.

Questa tendenza, ripetiamo comune al mondo naturale, si avvale nell’uomo di reazioni chimico-fisiche, ma anche di comportamenti agiti attivamente.

Una lettura potrebbe essere la seguente: a fronte dell’incertezza – e quindi dell’instabilità – io individuo metto in atto dei comportamenti i cui effetti auspico recheranno un beneficio ai miei pensieri, trovando un appiglio a cui aggrapparsi e dunque tranquillizzandomi.

E l’essere umano, si sa, è un “animale sociale” per cui i suoi comportamenti non sono dettati da meri istinti, bensì agiti sulla base di un sistema di credenze, valori e opinioni che è condiviso con gli altri, in un continuo scambio per cui l’uno è influenzato dagli altri e viceversa.

Ecco dunque delinearsi una sorta di filo che unisce ciò che pensiamo – e dunque tutto quel mondo di credenze, idee, paure – con ciò che pensano le altre persone con cui siamo costantemente connessi.

Inutile ribadire quanto questa connessione sia oggi più che mai evidente e pervasiva: occorre quindi tenere in considerazione l’estrema velocità con cui possono riverberarsi dentro di noi idee o pensieri provenienti dalla “massa”.

La massa poi, i gruppi, le istituzioni fungono da cassa di risonanza per i vissuti personali che trovano nella condivisione una forza e una concretezza che portano a delle conseguenze talvolta rovinose. L’individuo in un certo senso “scompare” all’interno del gruppo ritirandosi in una posizione, potremmo dire di comodo, in cui la responsabilità, appunto, è affidata alla massa: una vera e propria delega dal punto di vista soggettivo che fa sì vengano sacrificati (o forse sublimati) i propri pensieri, valori e convinzioni in funzione di qualcosa di più grande pensato come separato da noi.

Condiviso non vuol dire giusto o vero, ma più precisamente sta a indicare che uno stato d’animo, magari difficile da gestire da soli, trova conforto nella sua diffusione con altre persone. Tutto ciò è assolutamente umano, ma non deve far perdere di vista le ragioni, spesso intime e non evidenti, che ci portano ad affidarci al pensiero collettivo e a seguire ciecamente ciò che ci viene detto o mostrato dall’esterno.

Per quanto possa essere difficile stare in una condizione di incertezza e quindi di mancanza di controllo, occorre fare attenzione a cosa sacrifichiamo in nome del raggiungimento di una certezza, come di un porto sicuro in un mare in tempesta. I comportamenti che mettiamo in atto non dovrebbero eccedere la misura dei motivi per cui ci stiamo comportando in un certo modo: infatti proprio perché ciò che faccio io influenza il gruppo e viceversa, è bene pensare alle conseguenze su larga scala che può avere un comportamento dettato ad esempio dalla paura.

È giusto trovare un conforto e un “attracco” negli altri, ma bisogna che degli altri ci si “fidi” e non che ci si “affidi” a una massa indistinta e indefinita perché il rischio è quello altrimenti di perdersi in ciò che “pensa” il gruppo e perdere così di vista cosa è giusto e cosa non lo è.

Saper tollerare un po’ di incertezza, accettando il limite di non poter avere una risposta ai nostri dubbi e alle nostre paure del momento, può rivelarsi un atto di forza in quanto ci consente di rimanere in contatto con noi stessi e con il nostro vero sentire laddove invece l’illusione di avere risposte e certezze dagli altri ci può indebolire nel momento in cui i nostri comportamenti fungono da panacea collettiva anziché da vere ed efficaci strategie.

La paura ai tempi del coronavirus

Quello che sta avvenendo in questi giorni, causato dall’avvento del nuovo coronavirus, COVID19, e dall’incremento della paura del contagio nella popolazione, che qualcuno annovera impropriamente come isteria di massa o panico collettivo, è lo stimolo che porta le persone a identificarsi come una folla, dove gli istinti primordiali iniziano ad assumere il controllo dei comportamenti. Quello a cui stiamo assistendo è uno dei più grandi passaggi dallo stato di popolo allo stato di folla, almeno dal punto di vista psicologico, in accordo con Le Bon e gli altri autori citati.

Questa paura generalizzata lascia largo spazio di manovra a quella parte del nostro cervello più antica ed emotiva, il sistema limbico (ippocampo, talamo, amigdala, corpi mammillari e giro del cingolo), in particolare all’amigdala, che percependo dall’esterno una sensazione di pericolo e innescando il circuito della paura, innesca risposte comportamentali di auto-protezione; è in questa parte del cervello che risiede l’elaborazione dei comportamenti correlati alla nostra sopravvivenza.

Cerchiamo di spiegare il comportamento di molte persone in questi giorni e di come queste si siano naturalmente, ed inconsciamente, ritrovate parte di una folla.

La notizia della propagazione del virus in modo elevato e incontrollato scatena una sensazione di incertezza e caos, che sono i concimi naturali dell’ansia. Possiamo distinguere l’ansia dalla paura per la mancanza di uno stimolo esterno, nel nostro caso è data dal dubbio che non sia tutto nella norma. A questo punto si iniziano a trovare le riprove nell’ambiente che fungono da interruttore della paura, lo stimolo esterno è stato trovato e ha confermato la fondatezza della paura: una zona, detta zona rossa, di comuni messi in quarantena, non molto lontano dalle nostre abitazioni. Un’ulteriore conferma deriva da tutti i media. A questo punto un pensiero comune inizia a farsi largo, ed è proprio questo a trasformare ogni singolo individuo, in una folla, nel senso psicologico del termine.

La folla a questo punto, nel timore di rimanere senza scorte di cibo, si fionda nelle corsie dei supermercati, facendo incetta di prodotti, atteggiamento che porterà alle fine delle scorte, innescando una profezia che si autodetermina.

Corsi e ricorsi storici

Un episodio simile era successo in California nel 1979, riportato nel libro La realtà inventata. Contributi al costruttivismo, P. Watzlawick (1994), dove i giornali annunciano un imminente diminuzione dell’erogazione di benzina, presupponendo un conseguente crollo della disponibilità. A questa notizia, milioni di automobilisti si sono messi in coda per fare scorta di carburante, portando alla conseguenza del crollo effettivo della disponibilità, quindi la paura che ciò avvenisse, ha innescato quello che poi è avvenuto. Quando poi tutto passò, analizzando i fatti ci si accorse che la diminuzione dell’erogazione sarebbe stata talmente minima da non creare nessun impatto. Ma ormai era troppo tardi. Watzlawick osserva come una profezia che si autoavvera è basata sulle aspettative e previsioni che ci facciamo della nostra realtà.

Secondo il sociologo W. Thomas, in accordo con il suo teorema, “Se gli uomini definiscono reali certe situazioni, esse lo saranno nelle loro conseguenze.”, cioè la capacità di una folla di agire ritenendo reali certe situazioni, facendole divenire reali nelle conseguenze.

Nel 2002, il manifestarsi della SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome), sindrome acuta dell’apparato respiratorio, in Asia, ha creato un’ondata di panico collettivo a livello mondiale, portando alle cancellazioni di voli e azzeramento dei viaggi verso l’Asia, nonostante il rischio di contrarre la malattia, e non la morte, era molto basso.

Per analizzare il fenomeno i ricercatori Christopher Hsee e Yuval Rottenstreich, e riferendosi agli studi di Le Bon e successivi autori, hanno ipotizzato che ci sia un’indebolimento del giudizio e della capacità decisionale delle persone a causa di eventi come la comparsa improvvisa della SARS, questo dovuto ad una forte carica emotiva indipendentemente dalla natura dei sentimenti che produce, di questo ne han fatto tesoro i vari esperti di marketing, dove la spinta all’acquisto è di carattere emozionale, come lo svuotamento degli scaffali dei supermercati.

CRI

Indicazioni della Croce Rossa Italiana per la prevenzione dal contagio

Riportiamo le indicazioni della Croce Rossa Italiana per la prevenzione del contagio, 10 consigli utili e pratici. Se, in aggiunta, senti che questa paura sta prendendo il controllo della tua vita, limitandola, ti invitiamo a prendere contatto con il nostro numero verde del Polo Di Psicologia e fissare un appuntamento con uno dei nostri professionisti.

 

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