I disturbi alimentari nei maschi sono spesso celati da condizioni di normopeso e da corpi all’apparenza in salute, tuttavia gravi complicanze organiche possono minacciare la salute.
Introduzione
I disturbi del comportamento alimentare sono tra le malattie psichiatriche con il più alto tasso di rischi medici, questi ultimi correlabili alle complicanze della denutrizione, del vomito autoindotto e all’abuso di lassativi e diuretici. Sono patologie che mettono seriamente a repentaglio la vita e possono arrecare danni fisici anche molto gravi, si consideri che il rischio di mortalità per questi pazienti è più alto rispetto a qualsiasi altra malattia psichiatrica (Bosello & Mazzetti di Pietralata, 2003). A lungo si è parlato delle complicanze fisiche dei disturbi alimentari e della loro gestione nelle donne, poco invece è stato detto riguardo ai rischi che possono riguardare i pazienti di genere maschile. Il BMI (Body Mass Index, Indice di Massa Corporea) è l’indice più utilizzato per individuare i pazienti a rischio clinico, tuttavia negli uomini non è un indicatore affidabile e, in alcuni casi, condizioni di normopeso possono celare il disturbo e le complicanze mediche ad esso associate (Mancini et al., 2018). In questo articolo verranno trattati i rischi per la salute legati ai disturbi alimentari tipici della sfera maschile, considerando sia le conseguenze derivanti dallo stato di nutrizione alterato, sia quelle complicanze legate ai comportamenti patologici finalizzati al controllo del peso e della forma del corpo.
Gli effetti dello stato di nutrizione alterato
Per comprendere meglio la particolarità dei rischi derivanti dai disturbi alimentari della sfera maschile è necessario comprendere come essi derivino non soltanto da differenze di genere riguardanti la costituzione fisica, ma anche da una diversa espressione clinica della patologia e da conseguenti schemi comportamentali differenti. Infatti, se nelle pazienti di genere femminile prevale una tendenza a ricercare la magrezza e ad avere un’eccessiva preoccupazione per il peso (“drive for thinness”), per la controparte maschile risalta l’ossessione di non essere mai abbastanza “grossi” e muscolosi (“drive for muscularity”). I maschi con disturbo alimentare esprimono preoccupazione per la struttura e la forma del proprio corpo ed un intenso desiderio di mettere su massa muscolare piuttosto che perdere peso (Munno, Sterpone & Zullo, 2005), di conseguenza anche le alterazioni della condotta alimentare cambiano tra maschi e femmine. In particolare gli uomini aderiscono a diete rigidamente iperproteiche e a basso contenuto di grassi (Pope et al., 1997). Tali condotte alimentari si basano sul preconcetto che sia necessario incrementare il fabbisogno proteico per aumentare la massa muscolare ma come osserva De Pascalis (2013):
“L’esasperazione di questo concetto porta all’assunzione di quantitativi proteici enormi anche prossimi ai 4-5 g per chilogrammo di peso corporeo […]. Questo atteggiamento non solo spesso non porta ad alcun beneficio concreto […] ma apre la strada a una serie di effetti collaterali.”
Questi tipi di dieta, spesso “fai-da-te”, non solo spingono i soggetti ad aderire a schemi comportamentali estremamente rigidi che minano la salute psicologica, ma rappresentano un rischio per la salute fisica in quanto un consumo eccessivo di proteine può facilitare l’insorgere di patologie renali ed espongono al rischio di demineralizzazione ossea (Donini, Pinto & Cannella, 2004). Quest’ultima sembra essere particolarmente presente negli adolescenti maschi con disturbo alimentare e riguarda in particolare la spina dorsale, l’anca e il collo del femore (Misra et al., 2008), tale condizione aumenterebbe il rischio di fratture e un alto rischio di sviluppare osteoporosi, rischio che sembrerebbe maggiore in confronto alle pazienti adolescenti femmine Mehler et al., 2008). La stessa rilevanza di genere riguarderebbe anche le alterazioni epatiche, con livelli di transaminasi particolarmente elevati nei maschi ospedalizzati (Nagata et al., 2015). Inoltre nei disturbi alimentari della sfera maschile è possibile rilevare alterazioni endocrine simili a quelle riscontrate nelle pazienti di genere femminile: se in quest’ultime infatti sono presenti alterazioni del ciclo mestruale e rischio di infertilità, nei maschi sono presenti bassi livelli di testosterone e una notevole riduzione del volume dei testicoli (Misra et al., 2008) con conseguente perdita di libido e impotenza transitoria. Infine la forte restrizione glucidica, che accompagna spesso le diete iperproteiche, portano a una grande produzione di corpi chetonici causando sintomi quali nausea, affaticamento, irritabilità e diminuzione dell’appetito e nei casi più estremi può provocare episodi di chetoacidosi, creando gravi scompensi per l’organismo (De Pascalis, 2013, Pezzana et al., 2014).
Comportamenti a rischio
Nei disturbi alimentari, oltre a condotte alimentari estremamente rigide, vengono messi in atto schemi comportamentali finalizzati al controllo della forma e del peso. In particolare i maschi mostrano minori condotte eliminatorie rispetto alle donne (uso di lassativi e vomito autoindotto), ma, rispetto a quest’ultime, prediligono, con maggior frequenza l’attività fisica (Munno, Sterpone & Zullo, 2005). La “drive for muscularity” può portare i soggetti a sottoporsi a routine di allenamento particolarmente rigide, estenuanti e pericolose per la salute. Infatti, sebbene una moderata attività sportiva sia da considerare positiva in un’ottica preventiva per la salute psicofisica, un suo eccesso può danneggiare l’organismo. In particolare un allenamento eccessivo, non solo aumenta il rischio di incidenti, ma può nuocere al sistema immunitario, portando a una maggior predisposizione a complicanze cardiopolmonari (Schröder, 2002). Un altro comportamento a rischio per gli uomini che soffrono per l’insoddisfazione del proprio corpo riguarda l’utilizzo di steroidi anabolizzanti. Gli steroidi sono derivanti sintetici del testosterone, capaci di accelerare la sintesi proteica e quindi l’accrescimento delle masse muscolari. Sono numerosissimi gli effetti collaterali di queste sostanze e possono riguardare l’apparato cardiovascolare, il fegato, i reni, il sistema endocrino, cutaneo, il sistema muscolo-scheletrico e, non per ultime, alterazioni delle funzioni psichiche (Vantaggiato, De Giorno & Chiarotti, 2005). Se una volta tali sostanze dopanti erano diffuse soprattutto tra l’elite sportiva per migliorare la prestazione, oggi si stanno diffondendo sempre di più nel mondo non agnostico e in particolare tra i più giovani. Lykhonosov e colleghi (2019) hanno condotto una ricerca su un campione di uomini frequentanti la palestra scoprendo che il 30,4% degli intervistati faceva uso di steroidi, il 75% di loro aveva tra i 22 e i 35 anni.
Conclusioni
Sebbene in alcune circostanze i maschi con disturbo alimentare non mostrano evidenti segni di malnutrizione e sottopeso come la controparte femminile, non è comunque da sottovalutare il potenziale dannoso per la salute organica che possono avere queste varianti psicopatologiche. È curioso notare come negli uomini ci sia una maggior tendenza rispetto alle donne a mascherare le condotte alimentari disfunzionali con motivazioni all’apparenza più razionali e socialmente accettabili, come la necessità di migliorare le prestazioni sportive o per evitare l’insorgere di patologie mediche (Grabhorn et al., 2003). Attualmente non esistono linee guida per la gestione delle complicanze mediche derivanti dai disturbi alimentari nei maschi (Murray et al., 2017), future linee di ricerca dovranno approfondire le questioni appena illustrate e garantire protocolli per la gestione del rischio organico che tengano conto delle differenze di genere.
Dott. Simone Cadeo
Bibliografia
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